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La fitodepurazione è un sistema di depurazione naturale delle acque reflue domestiche, agricole e talvolta industriali, che riproduce il principio di autodepurazione tipico degli ambienti acquatici e delle zone umide.
L’etimologia della parola (phyto = pianta) potrebbe far ritenere che siano le piante gli attori principali del processo depurativo, in realtà le piante hanno il ruolo fondamentale di creare un habitat idoneo alla crescita della flora batterica, adesa o dispersa, che poi è la vera protagonista della depurazione biologica.
Gli impianti di fitodepurazione, a livello internazionale, vengono chiamati constructed wetlands e possono essere utilizzati o come trattamento secondario, cioè come un vero e proprio processo depurativo, a valle del trattamento primario o come trattamenti terziari a valle di impianti di depurazione tradizionali il cui effluente non raggiunge i limiti imposti dalla normativa.
L’azione depurante dei sistemi lacustri era conosciuta già nei tempi antichi.
Nella Roma imperiale la Cloaca massima veniva scaricata nelle paludi Pontine al fine di sfruttarne il potere depurante.
A partire dagli anni settanta si sono sviluppati diversi studi per la creazione di zone umide artificiali studiate espressamente per la depurazione dei reflui. Infatti nella Germania Occidentale sono stati sviluppati i sistemi sommersi a flusso superficiale.
L’utilizzo dei sistemi di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue è divenuta una scelta molto diffusa a livello mondiale.
Le tecniche di fitodepurazione possono essere classificate in base alla prevalente forma di vita delle piante acquatiche che vi vengono utilizzate:
Questi ultimi sistemi possono subire una ulteriore classificazione dipendente dal cammino idraulico delle acque reflue:
I sistemi di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue domestiche più comunemente utilizzati sono quelli con macrofite radicate emergenti e tra questi quelli a flusso sommerso sono quelli che hanno avuto il maggior sviluppo. Infatti questi ultimi risultano più efficienti in quanto:
I sistemi a flusso libero sono utili per le grosse utenze e con funzioni di trattamento terziario.
Gli impianti di fitodepurazione necessitano di pretrattamenti (grigliatura, fossa Imhoff, disoleatori, ecc.) al fine di rimuovere le sostanze particolate e le parti più grossolane presenti nei liquami in ingresso, per evitare intasamenti dei letti filtranti.
Questo pretrattamento migliora l’efficienza depurativa dell’impianto di fitodepurazione e ne allunga la vita media.
Il substrato drenante o medium di crescita deve essere realizzato in base alle caratteristiche di porosità e conducibilità idraulica che influisce sul tempo di residenza dei liquami.
Al tal fine è preferibile utilizzare ghiaia non frantumata e sabbia lavata o altri materiali equivalenti.
Il medium rappresenta il supporto sui cui radicano le macrofite emergenti e proliferano le pellicole di biofilms batteriche che innescano le trasformazioni biologiche e chimiche di base.
bacino di fitodepurazione in fase di realizzazione
Le piante più utilizzate in questo tipo di sistemi sono quelle denominate macrofite (piante superiori) acquatiche.
L’essenza più utilizzata in tutta Europa è il Phragmites australis, o cannuccia di palude, per il suo ruolo di pompa di ossigeno ; infatti questa è un’elofita che ha la caratteristica di trasportare l’ossigeno atmosferico fino in profondità nel medium di riempimento grazie ai suoi lunghi rizomi, creando microzone ossidate che vengono colonizzate da batteri aerobici; tale attività è molto importante nei sistemi a flusso sommerso.
Nei sistemi a flusso superficiale, si possono utilizzare tutte le specie di macrofite acquatiche che ben tollerano livelli di trofia ed inquinamento elevati (Carex spp., Scirpusspp., Shoenoplectus spp., Caltha palustris, Alisma plantago-aquatica, Lythrum salicaria, Ceratophyllum demersum, Myriophyllum spicatum, ecc.)
Il fondo dello scavo in cui dovranno essere realizzate le vasche, deve essere impermeabile per evitare la percolazione in falda freatica.
Se il terreno del fondo non è naturalmente impermeabile (permeabilità ≥ 10-7 m/s), si deve procedere artificialmente.
L’impermeabilizzazione artificiale può essere effettuata con uno strato di argilla o, come succede più comunemente, con teli in vari materiali (PVC, HDPE, EPDM) di spessore idoneo.
In commercio esistono anche vasche prefabbricate in calcestruzzo o vetroresina.
schemi di funzionamento dei sistemi a macrofite emergenti a) a flusso superficiale; b) a flusso sommerso orizzontale; c) flusso sommerso verticale
I sistemi a flusso libero riproducono esattamente i meccanismi di autodepurazione delle zone umide.
Consistono in vasche o canali poco profondi (profondità generalmente limitata a poche decine di centimetri) e impermeabili con un substrato che costituisce il supporto per le radici delle piante emergenti.
La superficie dell’acqua è costantemente al di sopra del substrato e pertanto questa è sempre esposta all’atmosfera.
Il flusso dell’acqua è orizzontale e l’altezza del livello dell’acqua varia in relazione alle caratteristiche del refluo in ingresso, al livello di trattamento che si intende raggiungere ed al tipo di essenze impiegate.
Tali sistemi essendo riconducibili ad un’area umida naturale hanno anche una valenza naturalistica ed ambientale ma di contro richiedono una superficie elevata.
Nei sistemi a flusso sommerso la superficie del refluo non è mai a contatto diretto con l’atmosfera. e pertanto si ha una buona protezione termica dei liquami nella stagione invernale.
Tali impianti sono costituiti da bacini impermeabili, riempiti con il substrato permeabile, o medium di crescita.
Sulle superfici così ottenute viene effettuata la messe a dimora delle piante acquatiche.
I reflui dopo i pretrattamenti passano attraverso il pozzetto di controllo di monte che serve a controllare il regolare deflusso del liquido e attraverso un pozzetto dotato di filtri che fermano le particelle che non dovessero essere sedimentate e delle eventuali pompe di sollevamento.
Successivamente il liquido entra nel bacino di fitodepurazione che può essere a flusso orizzontale o verticale.
Le essenze impiegate per i due sistemi sono le medesime.
Il refluo passando attraverso il filtro subisce un processo di depurazione e le acque depurate vengono convogliate nel pozzetto di controllo di valle, in cui è posto anche un sistema a sifone per il controllo del livello nel bacino, e da lì vengono inviate al corpo ricettore.
In tale pozzetto si possono prelevare campioni di liquido per le analisi.
Per evitare l’ingresso delle acque meteoriche le vasche vengono delimitate da bordi sopraelevati (di circa 10-20 cm rispetto alla superficie del terreno).
In Italia viene adottato essenzialmente il flusso orizzontale perché, anche se le rese depurative sono inferiori rispetto ai sistemi con flusso verticale, presenta rispetto a quest’ultimo minori problemi gestionali.
Le due tipologie di impianto, orizzontale e verticale, si possono normalmente utilizzare accoppiate per sfruttare le capacità depurative di entrambi i sistemi in particolare per la riduzione delle sostanze azotate.
In questo caso si parla di fitodepurazione con sistemi ibridi e sono indicati per trattare scarichi
In questi sistemi il flusso di acqua rimane costantemente al di sotto della superficie del substrato e scorre in senso orizzontale grazie ad una leggera pendenza del fondo del letto (non superiore 1%) ottenuta con uno strato di sabbia sottostante il manto impermeabilizzante.
In questi sistemi il livello dell’acqua si posiziona poco al di sotto della superficie pertanto l’ambiente all’interno dei letti risulta essere prevalentemente anaerobico, però in corrispondenza dei rizomi delle eleofite si creano delle microzone ossigenate, ben delimitate, che determinano lo sviluppo del film batterico aerobico.
L’alternanza di zone aerobiche e zone anaerobiche comporta lo sviluppo di diverse famiglie di microrganismi specializzati e scomparsa pressoché totale dei patogeni, particolarmente sensibili ai rapidi cambiamenti nel tenore di ossigeno disciolto.
La materia organica, passando attraverso la rizosfera delle macrofite, è decomposta dall’azione microbica, le sostanze azotate sono sottoposte a processi di nitrificazione e denitrificazione – il primo processo è fortemente limitato dalla carenza di ossigeno e dal ridotto tempo di ritenzione idraulica, mentre il secondo risulta prevalente nelle zone anaerobiche – il fosforo e i metalli pesanti sono fissati per adsorbimento sul materiale di riempimento e assorbiti da parte delle piante.
L’alimentazione dei letti è continua e deve essere tale da permettere una distribuzione del refluo uniforme su tutta la larghezza del letto.
Allo scopo si possono utilizzare tubazioni forate disposte lungo tutta la lunghezza del letto immerse in una zona drenante riempita con materiale inerte grossolano.
La raccolta dell’effluente avviene in genere attraverso una tubazione forata disposta lungo la larghezza del letto, nella zona più depressa del fondo, e immersa anch’essa in una zona drenante analoga a quella delle condotte di alimentazione.
Tale tubazione di raccolta è collegata al pozzetto di controllo di valle in cui è presente anche sistema a sifone per il controllo del livello idrico nel letto; tale pozzetto permette anche il prelievo dei campioni per le analisi del depurato.
Il substrato permeabile contenuto nella vasca, è costituito di regola da materiali a granulometria costante.
Il bacino di fitodepurazione si riempie completamente di inerti ghiaia e/o sabbia nei diversi casi previsti) senza alcuna copertura di torba, terriccio o terreno vegetale onde evitare la crescita di essenze vegetali infestanti e consentire nel contempo la crescita delle piante fitodepuranti con il solo apporto del refluo da depurare così da favorirne la trasformazione della biomassa stessa. La superficie dei letti così realizzati deve essere perfettamente piana.
Sistema a flusso verticale
Rispetto al sistema precedente, in quelli a flusso verticale il refluo da trattare è fatto percolare verticalmente attraverso il medium di riempimento.
L’alimentazione avviene in modo intermittente (a periodi di carico seguono periodi di pausa) tramite pompe sommerse o sistemi a sifone, quando le pendenze permettono l’ingresso dei fluidi nel bacino per gravità.
L’utilizzo della pompa comunque permette una migliore ed omogenea immissione nella massa filtrante.
Poiché in questi bacini il livello del refluo si posiziona oltre un metro sotto la superficie, è facilitata la diffusione dell’ossigeno fino agli strati più interni del medium.
Questa elevata ossigenazione del medium è resa possibile dall’alimentazione intermittente.
Infatti il liquido che è distribuito su tutta la superficie filtra gradatamente verso il fondo delle vasche e lo svuotamento progressivo permette all’aria di infiltrarsi negli interstizi del medium di riempimento.
Il riempimento successivo intrappola l’aria e la spinge in profondità permettendo in questo modo un’elevata ossigenazione, anche in periodo invernale, favorendo la formazione di batteri adesi alle particelle della massa filtrante.
A seguito della intermittenza negli strati più profondi si alternano periodi di condizioni ossidanti a periodi di condizioni riducenti e si ha un costante ricambio dei gas presenti nel suolo.
I meccanismi di rimozione dei contaminanti sono gli stessi dei sistemi a flusso orizzontale però essendo l’ambiente più ossigenato, risulta più elevata l’ossidazione e degradazione della sostanza organica e sono maggiori i processi di nitrificazione.
Il refluo una volta attraversato il medium raggiunge sul fondo del bacino il sistema di drenaggio.
Il dispositivo di drenaggio copre tutta la superficie utilizzando tubi drenanti posti a distanza di circa 2 m.
Tali tubazioni convogliano le acque nel pozzetto di controllo di valle.
Lo strato drenate in questi casi è costituito da un medium di spessore ≥ 80 cm (circa 1 m) costituito da materiali a granulometria ariabile partendo da uno strato di sabbia in corrispondenza della superficie per arrivare allo strato di ghiaia lavata posto sopra al sistema di drenaggio sul fondo.
Sul medium è posato il sistema di adduzione costituito da tubazioni forate di diametro piccolo (100/120 mm), di norma in polietilene o PVC, distanti non meno di 1 m per garantire una uniforme distribuzione del liquame sullo strato filtrante.
Viene realizzato un ulteriore strato di ghiaia di 10-15 cm per ricoprire i tubi forati e completato con terreno vegetale su cui è effettuata la piantumazione.
Nella scelta delle piante acquatiche sono sconsigliate quelle con apparato radicale a stoloni (tipo la Phragmites) in quanto favoriscono l’occlusione dei fori dell’apparato di distribuzione dei reflui.
La depurazione avviene mediante l’azione combinata tra substrato permeabile, piante, refluo e microrganismi presenti.
I meccanismi di rimozione degli inquinanti (sostanza organica, azoto fosforo e patogeni) sono simili a quelli dei letti percolatori, e sono di tipo fisico, chimico e biologico tra i quali:
La funzione delle piante è molteplice in quanto le loro radici:
Infatti le macrofite messe a dimora sul medium hanno la naturale capacità di catturare l’ossigeno attraverso l’apparato fogliare e condurlo, attraverso il fusto, ai rizomi.
La superficie di questi, già dopo pochi mesi dall’avviamento dell’impianto, si rivestirà di un film batterico di microrganismi.
Questi microrganismi eterotrofi aerobici che vivono nelle nicchie ossigenate adiacenti alle radici delle piante acquatiche, operano gran parte del processo di degradazione della sostanza organica e di ammonificazione e nitrificazione-denitrificazione dell’azoto, inoltre filtrano direttamente il materiale in sospensione e particolato
Nei sedimenti e nelle zone più lontane dalle radici si verificano processi anossici e anaerobici, comunque utili ai fini del processo depurativo quando in giusto rapporto con i processi aerobici.
Vengono rimossi quasi totalmente anche i microrganismi patogeni.
Per quanto riguarda la rimozione dei composti dell’azoto e del fosforo, che sono i tipici fattori di eutrofizzazione, questa avviene attraverso varie vie.
I nitrati vengono assimilati dalle macrofite o convertiti, attraverso processi biochimici di denitrificazione, in azoto gassoso che si libera nell’atmosfera.
Il fosforo viene in parte assimilato dai vegetali, in parte si insolubilizza sotto forma di fosfati minerali di calcio, di ferro o alluminio oppure forma complessi organici più o meno stabili che in seguito mineralizzano attraverso processi chimici o biochimici.[1]
Questa tipologia di trattamento può essere utilizzata anche come trattamento secondario, cioè come un vero e proprio processo depurativo, fino a 2.000 abitanti equivalenti o come trattamento terziario dei reflui provenienti dai depuratori tradizionali.
Oltre per il trattamento dei reflui domestici, la fitodepurazione può essere utilizzata con successo anche per trattare:
Nel comune di Teolo (Padova) è stato inaugurato un impianto di fitodepurazione integrale, innovativo per impatto ambientale minimo e autosufficienza energetica; un progetto congiunto del Comune di Teolo, Etra e Parco regionale dei Colli Euganei. Prima di questo intervento le acque usate dalle abitazioni nella zona alta di Teolo, in cui vivono più di 150 abitanti, nella quale non esiste una rete fognaria che possa condurre i reflui al depuratore comunale, venivano trattate da tre vasche Imhoff, ma vista la valenza ambientale dell’area, situata all’interno del Parco Regionale dei Colli Euganei, si è stabilito di integrare questo trattamento con un sistema di fitodepurazione, per migliorare l’efficacia del processo. [2]
L’unica manutenzione in questi impianti è il controllo periodico dello scarico a mezzo di analisi chimiche, come richiesto dalla legge.
Vi è poi da considerare la manutenzione (vuotatura periodica in funzione anche del dimensionamento dell’impianto) delle vasche a monte del sistema (vasca Imhoff, degrassatore, ecc.).
Gli impianti correttamente dimensionati non prevedono la sostituzione delle piante acquatiche.
e piante, se scelte nei modi, nei tempi e collocate correttamente, non devono essere rimpiazzate o sostituite.
Il Testo unico sull’ambiente (D.lg. 152/2006) incentiva gli impianti di fitodepurazione in quanto tecniche di depurazione naturale in possesso dei requisiti di “trattamento appropriato” (allegato 3/5): sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico ed organico, semplificare la manutenzione e la gestione, minimizzare i costi gestionali.
Il legislatore auspica il ricorso alle tecnologie di depurazione naturale per: